di Anita Galvano -
“Stavamo tutti da me, a Castiglioncello. Luchino era ospite da me e arrivò Marcello. E cercavamo questa cosa piccola, piccola, piccola… Andavamo a Livorno, dove una parte della città è fatta di canali, e mi venne in mente che poteva essere l’ambiente per un racconto di Dostoevskij, con solo due personaggi. Mio padre suggerì “Le notti bianche”.
La sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico racconta così la genesi del capolavoro del 1957 di Luchino Visconti tratto dal racconto di Fedor Dostoevskij, che invece di svolgersi tra le strade di San Pietroburgo si dipana tra i canali del quartiere Venezia a Livorno. Una Livorno, quella che fa da sfondo all’incontro tra Mario e Natalia (Marcello Matroianni e Maria Schell), ricostruita nello storico Teatro 5 di Cinecittà, con alcuni elementi di fantasia e avvolta nel tulle perché sembrasse rarefatta e immaginifica, a tratti immobile.
I due protagonisti si incontrano per caso in una notte bianca di nebbia che piano piano si fa bianca di neve. Il sognatore Mario si innamora subito di Natalia che piange, sola, in attesa di un uomo che l’ha abbandonata e che attende ormai da un anno. Dopo tre notti trascorse a passeggiare - nel film si riconoscono via della Madonna, gli scali del pesce e altre strade del quartiere seicentesco della Venezia - il passato torna prepotente e Mario resta nuovamente solo.
Un film intenso e bellissimo in cui una Livorno da fiaba è la vera protagonista.
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